L’Universo, nel suo fluttuare circoncentrico, mi dà l’idea di una miriade di corpuscoli in un bicchiere d’acqua, shakerato vorticosamente.

In silenzio e al buio nell’intento di percepire l’infinito.

Solo una mente dotata di facoltà universale è in grado di comprendere l’universalità dell’Universo.

Tutto è tutto dappertutto.

Io, tutti, tutto, Dio: niente.

Materia, antimateria; noi, antinoi; universo, antiuniverso; tutto dentro, forse. Senza bisogno di cercare altrove.

Una delle ipotesi formulate da alcuni scienziati è che ogni universo abbia la propria negativa. Se così fosse per qualsiasi cosa, compreso ogni essere vivente, dovrebbe esistere la propria nel proprio pianeta negativo. Un’ipotesi che, se confermata, non avrebbe alcunchè di positivo.

Con la nostra fine, finisce l’Universo perché tutto è in noi.

Se non avessimo la possibilità di pensare, l’esistenza o meno dell’Universo sarebbe esattamente la stessa cosa. Come dire ch’è solo il pensiero a dar un senso a ciò che forse senso non ha.